Era
Carmelo Contrusceri, nato e
cresciuto a Naso, che dava alla Sicilia - per il primo - un corpo
organico di Diritto filosofico, allargando e vivificando gli
orizzonti del sapere alla gioventù studiosa e richiamando i
giureconsulti dell'Isola all'ordine supremo e razionale della
scienza. Costui, studiando e meditando profondamente i progressi del
Diritto in Germania e in Francia, le cui teorie spesso oppugnavano,
riusciva a dare il preludio ad un ordinamento scientifico nuovo col
dimostrare che il diritto positivo non è possibile senza la legge
universale, e che esso, senza l'accurata conoscenza di questa, non
può comprendersi, ne illustrarsi in modo alcuno.
La sola enunciazione di tale nuova teoria scosse e pose
in vera attesa i dotti del tempo, mentre allora nelle Università
Siciliane si studiava il diritto, come una larva senz'anima e senza
vita, che sorgeva dai capitoli reali, dalle prammatiche dei Vicerè e
dai testi pratici di Giustiniano, soffocati nell'empirismo delle
secche interpretazioni e delle aride illustrazioni, per cui le
giovani intelligenze non giungevano, per quanti sforzi facessero, ad
un ordine ideale superiore.
Il Contrusceri, ritiratosi in Palermo, riusciva a
contrarre devota amicizia coll'Arcivescovo di quel tempo, Monsignor
Giuseppe Gioeni, insigne letterato. Questi ebbe modo di
esperimentare largamente i rari talenti del filosofo Nasitano, il di
cui vivo desiderio volle appagare, fondando nella medesima
Università di Palermo una nuova cattedra di diritto filosofico, la
quale non era stata nemmeno ideata prima d'allora.
Non ancora lo stesso Spedalieri aveva concepita l'opera
sua che il Contrusceri intraprendeva a pubblicare quel lavoro
pregiato ed importante, al quale dava il titolo di "Istruzioni
di Giurisprudenza Naturale", la cui ultima edizione porta la
data del 1817 col nome della tipografia Giordano di Palermo.
Distingueva sottilmente il diritto alla proprietà dal
diritto di proprietà, trovando quello nell'istinto della
conservazione e perfezione dell'individuo.
Tale chiarezza, unita a semplicità, rendeva ancora più
piacevole e più apprezzabile l'opera del filosofo Nasitano, opera,
che contribuiva molto all'incremento della
filosofia del Diritto
nella Sicilia, onde straordinariamente veniva diffusa per mezzo di
replicate edizioni.
Fu essa il testo
prediletto -- per molto tempo
-- nelle scuole pubbliche e private.
Prima di lui si
segnalarono in Naso,
nella giurisprudenza pratica,
Ottavio Cuffari e Reliba, nel
1586 Giudice della Gran Corte Criminale, e nel 1593 della
Civile. -- Vincenzo Pandolfo
parimente Giudice della Gran Corte Civile nel 1590. --
Ippolito Dolcetta,
che cinse l'istessa toga nel 1596; la quale onorava più tardi, in su
lo scorcio del medesimo secolo,
Francesco Cicero.
-- Girolamo Calderaro,
che circa il 1523 fu assessore ordinario dell'Arcivescovo Lignamine
in Messina; e Benedetto,
della stessa famiglia (m. 1519), sommo giurecolsulto.
Si lasciò tutti addietro, a grado sublime innalzandosi,
Ignazio
della famiglia Perlongo,
di cui, quasi con entusiasmo, l'illustre istoriografo P. Amico e
Stella, esclama
"Gloriatur Nasus Cive
satis etiam apud saeculi illustres viros, clarissimo Ignatio
Perlongo, cuius ingenii felicitas, orisque facundia Juris Consultos
aevi nostri omnes facile superavit, ad supremos gradus in Sicilia
evectus, ad Caroli Caesaris Aulam Viennam evocatus, conceptam de se
opinionem aequavit Italie diù Regens, plenus dierum, ibidem denatus".
(La Città di Naso in Sicilia -
Antonino Portale / Naso Illustrata - Carlo Incudine). |